Breve Storia di
Podere Terra Viva

I miei nonni erano agricoltori.
Sono cresciuto qui, in questo podere, in mezzo al lavoro, alla fatica, alle discussioni dei vecchi, alle mucche e all’odore del letame, in mezzo alla luce che ti abbaglia e alla nebbia che avvolge i corpi e lascia solo le voci.
Nell’infanzia questa terra, per me, è stata la libertà e insieme un grande senso di sicurezza e protezione. E’ stata non sapere cosa fosse la noia, è stata curiosità, scoperta, guai e sgridate dure.

Poi, più avanti, da adolescente, è stata la mia piccola Itaca: isola certa e paziente che mi aspettava.

I miei genitori non sono stati contadini, è saltata una generazione. Per loro, lavorare fuori significava affrancamento dall’organizzazione familiare contadina, dalle sue rigidità, ricerca di un posto nel mondo, lontano dall’ombra imponente dei vecchi. Lo sapevo, ma probabilmente non lo capivo per davvero: nei miei occhi di ragazzino, il podere, i nonni erano un’altra cosa.

L’Istituto Agrario prima e la Facoltà di Agraria poi, all’Alma Mater di Bologna, sono state scelte naturali, come proseguire su una traiettoria interna molto profonda e mai abbandonata.
Studiare mi ha permesso di conoscere la terra in un altro modo, in un certo senso di riscoprirla e amarla diversamente. La terra non era solo viva perché viva era stata la mia infanzia: lo era in sé stessa, una dinamica infinita di relazioni fra organismi ed elementi. E da cosa viva, la terra poteva essere violata, svuotata, avvelenata o poteva essere difesa e preservata.

Oggi sento un debito di grande riconoscenza per le scuole e gli insegnanti che hanno guidato quel me ragazzo a dar fondamenta solide ai propri sogni. Senza di loro non sarei qui.
Il finale di questa storia era probabilmente già scritto: dopo la laurea, tornare alla terra.
Ma studiare è una cosa, un’altra saper fare il contadino. La terra ha la sua musica e tu devi suonare a tempo perché lei non ti aspetta. Devi aver chiaro cosa le chiedi, cosa le dai e come. E poi ti servono gli strumenti giusti, devi imparare a sceglierli, a curarli, ad aggiustarli se serve.

E non ci sono più i nonni a guidarti.

Perciò i primi due anni sono stati anni di errori, fatiche male indirizzate, tanti investimenti. Mi sono dovuto confrontare con la mia inesperienza, con i mezzi vecchi del podere che andavano ammodernati, con le dinamiche economiche e del mercato. Qualche volta, è la verità, ho avuto paura di non farcela.
Non ci sono i nonni, ma c’è sempre stata la mia famiglia. A incoraggiarmi, a sostenermi senza sosta, anche di fronte agli errori e a tutte le incertezze.

Dice un proverbio contadino: La terra è bassa.

Ho la grande fortuna di amare il lavoro e di amare anche la fatica. La grande fortuna di provare una soddisfazione immensa quando un frutto matura, quando una pianta cresce, quando il cibo che produco è buono. Stare sul podere 12-14 ore non mi pesa.

Perciò eccomi qua.

Oggi ho imparato a lavorare la terra, ho imparato come chiederle di darmi i suoi frutti al tempo giusto e ho imparato a farmi trovare prima, durante e dopo. Con il senso di libertà e di scoperta che lei mi aveva regalato tanto tempo fa.

Giovanni

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